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Fuori Commercio
Contenuto: Le Fondazioni Liriche (ex enti lirici) sono ad un bivio: mantenere lo stato di crisi che dura da anni o provvedere, in qualche modo, al contenimento delle spese. È stata scelta la seconda strada. L'Associazione nazionale delle Fondazioni, dopo aver confermato alla presidenza Valter Vergnano, sovrintendente del Teatro Regio di Torino, ha dichiarato di voler svolgere un'azione di autoriforma intervenendo con iniziative concrete sugli aspetti gestionali e con politiche che privilegino gli scambi degli allestimenti, l'incremento delle coproduzioni e la contrazione dei cachet degli artisti.
Una scelta coraggiosa e difficile. Un atto del genere fu compiuto negli anni sessanta dai Teatri stabili di prosa; il calmiere prevedeva compensi massimi per gli attori principali di lire 90.000 giornaliere: si assoggettarono alla decisione attori come Tino Buazzelli, Valeria Moriconi, Corrado Pani. Non ci fu calmiere per i registi. Le Fondazioni liriche hanno un problema in più: gli artisti dell'opera sono controllati e protetti da apposite agenzie, che faranno il diavolo a quattro per respingere la proposta di controllo del mercato. Ma esse dovranno pur dare indicazioni e trattare.
È vero che sono altissimi e non modificabili i costi del personale fisso (amministrativo e tecnico, orchestra e coro stabili), ma anche le spese per i cachet degli artisti che vengono scritturati di volta in volta (cantanti, direttori d'orchestra, registi, scenografi e costumisti) incidono notevolmente sui bilanci. C'è una aperta e buona volontà delle Fondazioni di mettere mano ai bilanci e, quindi, ai passivi per evitare tempi tristi: bisogna prenderne atto e sostenerne l'azione.
Questa buona notizia è offuscata dai recenti avvenimenti del Teatro alla Scala. Riccardo Muti, sostenuto da un crescente successo (meritato, peraltro) è stato colpito dalla sindrome della divinità. Egocentrico e conservatore, come sostengono i lavoratori del Teatro. Per aprire al strada al suo protetto Mauro Meli, già sovrintendente del Teatro di Cagliari, ha chiesto le dimissioni dell'attuale sovrintendente Carlo Fontana, che aveva ben operato per molti anni nel suo incarico. Qualcuno accusa gli orchestrali e i coristi (professori d'orchestra e maestri del coro) di essere intervenuti su questioni che non li riguardano. Altri puntano il dito sulla incapacità del Consiglio d'amministrazione del Teatro di affrontare un problema spinoso, ma risolvibile. Resta un dubbio reale sulla gestione del conflitto da parte del sindaco Albertini, pasticcione, debole e arrogante. C'è chi scomoda il prestigio della città, come se il CdA del Teatro e il sindaco fossero davvero lo specchio del parere della cittadinanza. Un concerto stonato di pareri e di giudizi. Resta il fatto che l'orchestra e il coro non vogliono più suonare e cantare con Riccardo Muti (al suo attivo 19 inaugurazioni delle stagioni della Scala: troppe) e hanno sfiduciato il nuovo sovrintendente. L'uno e l'altro si sono dimessi. Insomma, una questione ingarbugliata e vergognosa. I soci (gli sponsor) temono per l'immagine di questo Teatro di valore internazionale. Un guaio grosso che arriva in un momento in cui il mondo dello spettacolo è schiacciato tra la riduzione inevitabile dei finanziamenti e gli aumenti incontrollabili dei costi di produzione e di programmazione. Non ci voleva.
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