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Facing English text
Contenuto: Susan Crile si era già imbattuta, nel suo percorso artistico, con le conseguenze della guerra: i suoi apocalittici fires of war, realizzati dopo un viaggio di dieci giorni nelle zone del conflitto iracheno del 1991, restituivano panorami infuocati e sterili, allucinati, senza senso. Ora, di nuovo, la guerra. Questa volta l'insopportabile disgusto svelato al mondo intero dalle immagini dell'inferno di Abu Ghraib.
Disgusto, orrore ma anche spiazzamento, violento, doloroso, specie per noi donne, costrette a fare i conti con l'oscenità degli scatti, che ritraggono le giovani soldate addette alla tortura, alle sevizie, al sadico gioco di sottomissione del maschio musulmano. Senza turbamento, anzi, a quanto pare, con gran divertimento.
E' impeccabile, dal punto di vista formale, il lavoro di Susan, con quell'uso sapiente del gesso, dei diafani bianchi per le vittime, di colori saturi e opachi per i carnefici, con quell'essenzialità e maestria del segno, con quei monocromi dai contrasti drammaticamente eloquenti.
E potentemente capaci di evocare in noi una partecipazione emotiva profonda, nel ritrovare in quei dipinti evidenti, e palesemente richiamate le foto di Abu Ghraib.
Susan Crile ci conduce cosí nel cuore di uno dei più famosi dark-sites, prigioni segrete destinate agli interrogatori dei presunti terroristi (uomini, donne, perfino bambini). Luoghi dove il diritto è sospeso, i prigionieri ridotti a corpi alla mercè di un potere assoluto.
Luoghi dove anche le pulsioni, le fantasie sadiche, le perversioni sessuali sono messe al lavoro e al servizio della strategia geo e bio-politica della guerra contro il terrorismo.
Le foto, come ricorda lei stessa, sono documenti, sono prove. E, quel che è peggio, sono state scattate per dimostrare la sopraffazione e la violenza come valori positivi, l'umiliazione della vittima come segno di vittoria.
Questo è per noi intollerabile. Non solo per l'abominio dei gesti ma anche per la suprema, devastante idiozia che li determina.
L'arte di Susan è straordinaria perché, dell' intenzione di quei gesti e di quelle foto, a cui pure fa riferimento fedele, ribalta completamente il senso: restituisce umanità, identità e spessore ai corpi nudi e tormentati delle vittime. Sottolinea la greve stoltezza del carnefice pieno di orpelli guanti, scarponi, tute mimetiche, opulenze diverse e privo di volto.
Di tutto questo le siamo grate e grati, profondamente.
Susan Crile had already stumbled in his artistic career, with the
consequences of the war: his apocalyptic fires of war, made over a
ten-day journey in the conflict zones of Iraq in 1991, restored
landscapes and fiery sterile, hallucinated, senseless.
Isabella Mastropasqua, Ninfa Buccellato (a cura di)
Prefazione di: Grazia Mannozzi
Con il contributo di: Raffaele Bracalenti, Marco Burgalassi, Agata Ciavola
€ 15,00
Annamaria Barbato Ricci
Con un’introduzione di:Vittorio Sgarbi
€ 60,00
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Con un’introduzione di:Vittorio Sgarbi
€ 60,00
Marina Mattei (a cura di)
€ 40,00
Giorgio Di Genova
€ 32,00
Mariagrazia Dardanelli, Daniela De Angelis (a cura di)
€ 28,00
Carmelo Cipriani (a cura di)
€ 28,00
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